La corsa, il campione, le nozze. Di Meo: Il Tor è la vita

Pensate di essere invitati a un matrimonio. Ecco, è saltata la camminata domenicale, questo è il primo pensiero che farete, fosse anche il vostro di matrimonio.

Di sicuro lo hanno fatto Gianluca di Meo e Chiara Mantovan, che per le loro nozze hanno pensato a un programma singolare solo per chi è proiettato sulle cose tradizionali: il giorno prima, addio al celibato con trail. Quello della funzione, lei arriva in abito da sposa e bastoncini. Finita la cerimonia, trail alle Cascate del Dardagna. Si potrebbe chiudere qui e andarsi a godere la prima notte di nozze. E loro se la godono tutta, infatti. Via di corsa, in notturna per raggiungere la Croce Arcana. L’arrivo al rifugio, il crollo, addormentati su una panchina, stravolti e felici. Lei ancora col vestito da sposa. <<Non era mai andata oltre la maratona, ora si fa i suoi 150 km a settimana e vorrebbe provare il Tor de Geants>>, racconta Gianluca, che la mitica corsa valdostana l’ha già vissuta.

Gianluca Di Meo, 43 anni da poco compiuti, non è solo un innamorato dell’ultra trail. E’ anche il campione che ha vinto a casa di Babbo Natale, Rovaniemi in Finlandia, la 150 km in autosufficienza, trainandosi dietro un carico di quasi 20 chili. E’ stato responsabile dei raduni della Nazionale, organizza gare sui percorsi di casa ed è anche un esperto di Tor De Geants, la corsa delle corse, che da non molte ore ha laureato Franco Collè, valdostano doc, campione per la seconda volta.

Gianluca, cos’è il Tor?

<<La cosa più bella che abbia mai fatto. Il susseguirsi di giorno e notte, per 6 volte, è un’emozione unica. A distanza di 3-4 anni, sento ancora quella sensazione di sfocato quando penso a quel Tor. Rivedere l’alba è qualcosa che non si riesce a spiegare. Correre di notte, sto ancora male a pensarci: è la vita. Ho fatto cose molto più difficili del Tor, che di per sé non è complicato come altre gare. Ma niente è così bello>>.

Vincerlo poi dev’essere fantastico.

<<Conosco bene Collè da quando in Nazionale ero responsabile dei raduni. E’ un ragazzo di un’umiltà incredibile. I più forti sono quelli che mantengono un profilo basso, si adattano a tutto, ti ringraziano per quello che fai. Ho tifato per lui e per Galeati che è arrivato settimo, lui è di Imola, ci allenavamo insieme, qualche volta in gara l’ho anche battuto>>.

Le vere difficoltà del Tor?

<<Affronti le bufere, esci dal rifugio a -15 e sai di dover andare tutta la notte. E poi quella dopo. Una sensazione incredibile. Non ti devi bagnare, hai solo uno zaino, è necessario razionalizzare tutto. Ricordo una sera, entrai in rifugio con i calzini inzuppati, un’ora in bagno attaccato al phon automatico appeso alla parete. È sopravvivenza. Soprattutto, dicevo, è vita. Quando sei lì hai bisogno di tre cose: un vestito asciutto, un pasto, l’acqua calda. Quando le hai, sei il più felice del mondo. Qua diamo troppe cose per scontate, se manca il wi fi impazziamo>>.

Che gara fu la sua?

<<Non volevo finirla, non volevo arrivare, per godermela ancora. Hai tanti dolori, ma non hai fretta. Ho detto: hai 6 giorni, usali tutti. Perché stai bene dove stai, è il viaggio la cosa che conta, la classifica non l’ho guardata. E’ la stessa cosa che ho fatto questa estate con mia moglie, 90 km all’Adamello, 30 ore. Le ho detto prendiamocele tutte, avrai voglia di tornare là. E’ stato così, quando siamo rientrati dalle Dolomiti stava male perché le mancava la montagna, voleva tornare, crea dipendenza>>.

Non sempre si va lenti, vittorie e piazzamenti non le mancano.

<<A Rovaniemi è stato tutto veloce, tutto concentrato sulla prestazione. A proposito, mi hanno invitato a tornare, il prossimo anno andrò a difendere il titolo>>.

Si sta già preparando?

<<Prepararsi sempre, per il lavoro specifico è ancora presto. Ad agosto ho corso 600 km, una parte assieme a Chiara>>.

Una storia, la sua, che è nata dalle camminate bolognesi.

<<Me le ricordo bene, competitive e non. Ho iniziato con Calderara, c’era una parte romantica, tradizionale, che sopravvive ancora oggi ed è una cosa bella. Mi viene in mente la Galaverna, per esempio. Così come è importante vedere un ringiovanimento, tante iniziative nuove che avvicinano altre persone. A Bologna sta diventando sempre più ampia la scelta. Una ventina d’anni fa, quando ho iniziato io, se non facevi le competitive eri scarso. Adesso c’è anche goliardia, la gente è coinvolta in modi diversi. Ben vengano. Che si vada piano o forte, è sempre bello>>.

Letto 2212 volte Ultima modifica il Venerdì, 14 Settembre 2018 11:21
Vota questo articolo
(0 Voti)